VITTORIA

                                         


ANNA: Come descriveresti il momento in cui sei diventata mamma?

VITTORIA: Non conosci l’amore finché non ti danno il tuo bambino in braccio, non esiste amore più totalitario di quello. E’ veramente una sensazione animale, loro dipendono da te, prendono nutrimento da te. Ti parlo anche da persona a cui i bambini non sono mai piaciuti, non era una cosa che desideravo da tempo nè niente del genere ma è stata ovviamente una scelta presa consapevolmente ed è stata la scelta migliore che potessi fare. 

A: Mi dici che non pensavi a diventare madre, quali erano vent’anni fa i tuoi piani?
V: Ero una pianificatrice che pensava sempre al futuro, che si proiettava nelle situazioni, e poi, quando avevo 23 anni ed ero a Londra a fare il mio master, una mia grande amica ha avuto un incidente terribile, è stata investita da un guidatore in stato di ebrezza e insomma, è viva per miracolo ed è una persona con una forza incredibile…da quel momento ho smesso completamente di pianificare, ho vissuto sempre e solo nel momento. 

A:  Hai dei rimpianti?
V:  No, vivendo la vita al momento mi sono goduta tutto e vivo la mia vita dedicandomi all’ora senza altri pensieri. 

A: Com’è stato crescere in Italia per te?
V: Io sono andata via dall’Italia per un senso di giudizio pressante che ho provato crescendo a Roma, sentivo che c’erano delle cose da rispettare per essere in un determinato modo no? E io ci stavo stretta, a 18 anni sono uscita e poi dopo un paio di anni ne ho sentito un po’ la mancanza e ho realizzato che in ogni realtà c’è del buono e dell’imperfetto. 

A: Quali pensi siano i punti buoni?
V: Noi siamo un paese sicuramente di gente molto svelta, molto intraprendente, che vive nel caos, e che fa molto fatica a seguire le regole. Se poi invece messa in una realtà che è solo di regole e molto poco flessibile, spicca per sveltezza e intraprendenza. 

A: E i punti imprefetti?
V:  Penso che l’Italia soprattutto dal punto di vista di quando si viene ai valori delle donne, possa migliorare di tanto, nel senso sei mamma o sei moglie, però allora se lavori sei una mamma fallita, però se non lavori sei solo mamma.Quindi c'è ancora molta divisione sul invece essere una squadra e famiglia che porta avanti un progetto comune, ci sono ruoli molto definiti…
In generale ci sono troppi tabù, troppe regole fisse sul cosa essere o non essere anche per quanto riguarda la mancanza di inclusione di altre etnie. 

A:  Cosa vorresti per i tuoi figli?
V: Vorrei che crescessero con la mente aperta, fine. Voglio crescere i miei bambini in una maniera per cui non me lo devono neanche chiedere perché una persona ha la pelle di un colore diverso, perché è normale che sia così e trovo che qua è ancora molto difficile trovare questo pensiero.  

A:  Se dovessi dirmi un qualcosa per cui anche all’estero ti senti di appartenere alla cultura italiana cosa sarebbe?
V: Sicuramente il cibo, perché il nostro saper mangiare, saper bere e saper cucinare è un qualcosa di estremamente radicato, è un sentimento profondo. 

Per me vuol dire sentirsi legati alla terra…poi all’estero per esempio mi è capitato di andare a messa, io non sono una persona religiosa ma ne sentivo come il bisogno delle volte, sentivo l’odore dell'incenso ed era come camminare per le strade di Roma e una porta di una chiesa si apriva.