PAOLA
ANNA: Quali sono per te i valori più importanti all’interno delle tue relazioni con gli altri esseri umani?
PAOLA: La sospensione del giudizio e il rispetto, qualità che fanno estremamente parte del mio lavoro.
A: Che lavoro fai?
P: Lavoro come educatrice nella Fondazione Asilo Mariuccia che è una comunità mamma-bambino. Al momento abbiamo quattro signore con i propri figli.
A: Come hai deciso di voler fare l’educatrice in comunità?
P: Allora, non è stato semplicissimo accettare di voler fare del lavoro educativo, ero però sicuramente interessata e avevo capito da subito che era qualcosa che mi veniva bene. I turni sono di 24 ore e non sempre è stato in linea con i miei momenti di vita, per esempio quando sono diventata mamma ho cambiato lavoro ma alla fine è un qualcosa che sono sempre tornata a fare, è in me.
A: E in questo momento si allinea con la tua vita?
P: Adesso sento un po’ di paura, ho la necessità di cambiare e di evolvermi un po’, vorrei infatti andare a lavorare nella parte di HR in un nuovo servizio che stanno aprendo, un centro antiviolenza. Vorrei essere l’intermediario tra queste donne e il mondo esterno, mondo che per un verso o per l’altro non hanno mai vissuto in modo sereno.
A: Penso sia difficile mantenere una distanza e un’autorità in un momento di conflitto all’interno della comunità
P: Si, diciamo che io là dentro non sono Paola, la relazione non è simmetrica, se mi urlano in faccia per qualcosa non posso ovviamente rispondere. La prima cosa è di fare tutto in privato, non davanti ai bambini… siamo in un luogo di protezione dei bambini prima di tutto, è una merda stare in comunità ma non sono sicuramente io la causa, io sono a lavorare per loro e non contro. Metto questo in chiaro.
A: Cosa fai per lasciar scorrere le emozioni invece?
P: Un momento importante è quello con i colleghi, sia nel passaggio di comunicazioni che nelle riunioni, la relazione tra di noi deve essere compatta e insieme condividiamo le fatiche. Per esempio la parte peggiore del nostro lavoro è quando dobbiamo separare una mamma da un bambino perché il dolore di questi bambini è insopportabile, in questi momenti ci supportiamo a vicenda.
A: Cosa cambieresti dell’Italia di oggi? Anche relativa al lavoro che fai
P: In questo paese c’è una classe politica preoccupata che gli italiani siano in via di estinzione e non si rende conto che sul territorio italiano ci sono tantissimi bambini che non sono cittadini italiani legalmente ma che in realtà sono italiani e parlano italiano, vanno a scuola in Italia e mangiano italiano tutti i giorni. Che paura c’è a riconoscere a questi bambini i loro diritti?
Ci sono due tipi di infanzia ormai, una iperprotetta e deresponsabilizzata completamente e dall'altra parte c'è un'infanzia non riconosciuta.
A: Cosa vuol dire per te essere donna in Italia?
P: Credo che sia purtroppo ancora uno svantaggio, soprattutto nel campo lavorativo, ma vorrei smetterla di pensarla così perchè si va ad inserire nella trasmissione culturale. Il tema dei ruoli all'interno della nostra società è difficilissimo da scardinare, probabilmente io anche ho scelto il mio lavoro per il fatto che fosse un lavoro di cura e allora un lavoro femminile…
Abbandonare questa narrativa è responsabilità di tutti, una cosa che mi fa molto dispiacere è che la maggior parte delle associazioni che si occupano di tutela delle donne, anche in casi di emergenza, sono fermi alla Convenzione di Istanbul del 1972 che prevede che all’interno dei centri antiviolenza non ci possano essere operatori uomini, come se fossero il nemico assoluto. Si alimenta la paura, si pongono limiti, si dipingono immagini sia dell’uomo che della donna totalmente sbagliate…