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NATALIA




ANNA: Sei una persona competitiva?

NATI: Nello sport lo sono, nella vita no…mi è capitato di studiare in ambienti come quello dell’università di Saint Andrew in Scozia dove per la prima volta ho capito cosa volesse essere competitivi e voler prevalere sugli altri, è stato pesante. 

A: E nello sport da quale momento pensi che venga?
N: Da sempre mi è piaciuto vincere, da quando facevo le gare alle elementari di atletica, quando giocavo a basket, quando sciavo, ho sempre voluto vincere. Non partecipare, ma cercare di dare il meglio e di vincere. 

A: Perché hai scelto il basket?
N: Non mi è mai molto importato cosa pensassero gli altri sul fatto che facessi uno sport, magari considerato “da maschio”. Ho iniziato a giocare perché mio fratello giocava, io ero piccola, andavo a vedere i suoi allenamenti e mi divertiva, quando ci siamo trasferiti a Milano ho iniziato a giocare anche io e mi piaceva anche essere l’unica femmina in mezzo ai maschi e dimostrare che comunque ero brava e all’altezza di giocare con loro.

A: Cos’hai imparato dal gioco?
N: Ho giocato a livello agonistico per tanto tempo, in una bella squadra ed è stato duro, ho sacrificato tante cose per la mia passione, bisognava rispettare orari precisi, regole, saper giocare con le altre persone. 

A: Questi aspetti fanno anche parte della tua vita di ora?
N: Sicuramente, so approcciarmi con gli altri in modo tranquillo, ad ascoltare e a stare in serenità. Il lavoro di squadra fa estremamente parte del lavoro che ho deciso di fare…

A: Che lavoro fai?
N: Lavoro con Emergency che è un’organizzazione non governativa a Milano e ormai lavoro lì da quasi tre anni e ho iniziato per far stare bene altre persone, per supportare. E’ bello lavorare per qualcosa che ha una missione di cambiamento, che lotta per determinati valori. Ci sono persone all’interno dell’organizzazione che hanno dedicato tutta la loro vita a questo lavoro, io non penso che vorrò dedicare tutta la mia vita al lavoro. Penso sia molto importante anche il valore della famiglia e della socialità ma comunque so di essere in un posto speciale ora.

A: Hai delle paure?
N: Mi mandano a lavorare per un progetto sul campo, in Sudan, vado a fare una formazione nell’ambito delle risorse umane, sarà tosta e ho un po’ di paura si. 

A: Pensi che sia stato anche per la tua famiglia che tu sia arrivata ad avere questo interesse?
N: Si, sicuramente, perché nostro padre (Nati è mia sorella) è un grande sostenitore dell’organizzazione e in generale una persona che si è sempre dedicata a questo impegno sociale. 

Inoltre penso che i nostri genitori si siano impegnati moltissimo a crescere persone che hanno la testa sulle spalle, che vogliono fare un bel lavoro, che si impegnano, che si dedicano con passione, che non mollano mai… e che sanno guardare il mondo che hanno intorno a loro. 

A: Cosa vuol dire per te essere donna?
N: La donna è mille cose diverse, significa poter partorire, significa avere le mestruazioni ogni mese, significa avere paura di tornare a casa da sola la sera. Mi sento più donna quando mi metto i gioielli per esempio, quando mi vesto elegante per uscire o quando rispondo a tono.

A: Raccontami di una tua piccola libertà
N: Andare a nuotare mi fa stare bene, lascio il telefono, lascio i pensieri e mi libero.