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LAURA




ANNA: Parlami di una donna della tua vita significativa per la tua crescita.

LAURA: Sicuramente mi viene da parlare di mia nonna, della sua forza e della sua bellezza, aveva questi lunghi capelli bianchi… ho preso tanto da lei, la cura e la femminilità anche mista a dei tratti mascolini. Mia nonna si era caricata di quel che nella cultura familiare è il ruolo dell’uomo: lavorava, faceva tutto…questa è la mia visione di donna: forte. 

Sarebbe bello arrivare a non fare neanche più queste differenze dei ruoli diversi no? Arrivando ad un concetto dove lo standard di base del rispetto dell’essere umano deriva da tutto, creare una società fatta di persone, fine. Al sud, nell’ambiente in cui sono cresciuta la distinzione tra uomo e donna era netta…

A: Tu cosa hai ricercato nel tuo essere donna?
L: Ho sempre voluto essere considerata intelligente, poi bella, non lo so, però ecco, l’intelligenza, l’utilizzo della testa come motore. Il mio sogno era di vincere il premio Nobel per la scienza… per me Marguerite Haack era un’icona , poi adesso è subentrata la passione del vino e del cibo che sono tutte abbastanza cose legate un po’ al mio territorio oppure a quei valori del territorio che mi venivano negati.

A: Come sei riuscita ad evadere dal fattore della distinzione? Oltre all’esempio che ti poneva tua nonna? 
L: Ho avuto le mie risposte nei libri di Jane Austen e di  Vigilia Wolf, anche loro donne molto chiuse nel loro mondo, io non sentivo mio l’ambiente in cui stavo e leggendo Simone de Beauvoir anche lei sola, ho capito che le donne potevano fare cose straordinarie. 

A:  E di cos’altro eri curiosa?
L: Sono sempre stata una persona curiosissima e appassionata di tante cose, per questo ho deciso che volevo andare a fare l’università a Bologna, per scoprire un po’ dell’altro.

Ho inseguito i miei sogni e continuo a farlo, sono andata via con un insegnamento di mia nonna che diceva: “Comu a mia tutti mejju i mia nugliu” ovvero “Tu non sei migliore di nessuno ma nessuno è migliore di te”

Avevo voglia di una libertà di espressione che mi mancava. 

A:  E cosa sei andata a studiare?
L: All’inizio mi ero iscritta ad economia perché nella mia famiglia uno faceva l’architetto, l’altro faceva l’avvocato e io dovevo fare o economia o medicina quindi mi sono iscritta a economia ed è stato un fallimento totale…avrei voluto fare filosofia in realtà ma alla fine mi sono iscritta a scienze della comunicazione, ho fatto un Erasmus a Parigi che è stato incredibile…tu ora mi vedi in un modo diverso, ero senza tutte queste sovrastrutture un po’ imposte…

A:  E cos’è cambiato?
L: Sicuramente il passaggio da studente a lavoratrice mi ha cambiata un po’, c’è una struttura mentale un po’ diversa, bisogna essere più in controllo. Quando sono arrivata a Milano a lavorare avevo paura di perdere tutto quello che mi ero costruita. Ora ho deciso di lasciare andare questi pensieri, cambiando lavoro, cambiando modo di vivere…

A: Qual è una tua grande soddisfazione?
L: Sono pienissima di soddisfazioni, di aver fatto tutto senza mai aver intaccato il mio essere più vero. Arrivo da niente e ho fatto ciò che ho voluto, ho imparato a dire di no e a dare il giusto valore alle cose importanti: al vino, alla terra e alla ricotta fresca che mi porta il contadino quando sono giù. 

A:  Cosa ti fa paura?
L: L’ignoranza delle persone che non si aprono al cambiamento, l’italia è molto chiusa, è tutto diviso per compartimenti stagni, penso che ci debbano essere più connessioni vere.